Osservare il nulla

Salvador Dalì - Apparizione della città di Delft (1936) particolare


Osservare il nulla...il non-senso delle cose...l'abisso dell'esistenza.
Delirare, sognare e creare dal vuoto.
Materia e antimateria...schema e sostanza...

lunedì 20 giugno 2011







"Magnanimo animale

Non credo io già, ma stolto,

Quel che nato a perir, nutrito in pene,

Dice, a goder son fatto,

E di fetido orgoglio

Empie le carte, eccelsi fati e nove

Felicità, quali il ciel tutto ignora,

Non pur quest'orbe, promettendo in terra

A popoli che un'onda

Di mar commosso, un fiato

D'aura maligna, un sotterraneo crollo

Distrugge sì, che avanza

A gran pena di lor la rimembranza.

Nobil natura è quella

Che a sollevar s'ardisce

Gli occhi mortali incontra

Al comun fato, e che con franca lingua,

Nulla al ver detraendo,

Confessa il mal che ci fu dato in sorte,

E il basso stato e frale;"


(Giacomo Leopardi - La ginestra, vv. 99-117)

mercoledì 27 aprile 2011


HR Giger - The Spell I

Quale labile differenza ormai distanzia ancora la macchina dall'uomo? Forse una grande angoscia...

lunedì 25 aprile 2011

La morte di Pigmalione

Da tempo non sentivo più il vento soffiare tra i rami, il canto degli uccelli in primavera; i miei occhi avevano ormai dimenticato le carezze di maestose valli e lo schiaffo sublime di una foresta in fiamme. Tutto questo, per me, viveva ormai solo nell'arte, lo sfoggio più grande dell'uomo, la cui creatività aveva ormai da tempo superato quella di madre natura, ormai ridotta ad un cadavere ma pronta, forse, a risvegliarsi un giorno, vendicativa più che mai. Tutto questo, per me, viveva simulato e dilatato nell'artificio della mia mente che non finiva mai di specchiarsi negli infiniti particolari, profumi, colori e sapori della mia dimora. Solitario, indifferente, cinico e con un pizzico di egocentrismo vivevo lontano dal resto dell'umanità, rozza e volgare, incapace di afferrare i concetti più perversi dell'arte, della filosofia, della vita...

Sono un artista, almeno così mi definisco; forse non tutti potrebbero essere d'accordo ma non importa. L'arte per me è sempre stata una paradossale battaglia contro se stessi e l'equilibrio naturale di cui l'artificio stesso fa parte. La tecnologia ha fatto questo, ed essa è arte per me, un'arte delle più raffinate, complesse e delicate. La tecnologia può simulare la vita, un'opera che ora l'uomo può riproporre infinite volte meglio di quanto Natura abbia fatto, ma l'essere umano continua a credere di essere l'unico vivente degno, detesta la vita ma finge di amarla. L'essere umano è miope e prepotente, salvo su una sporgenza che gli preclude la vista all'abisso sotto di lui; sopra questa sporgenza costruisce idoli, pregiudizi e divinità e non può farne a meno. Poi la sporgenza non regge più il peso e cade, cade fino a che l'uomo non trova salvezza su di un'altra sporgenza, dove ricomincerà a costruire...l'uomo non imparerà mai, l'abisso fa troppa paura...

Non amo l'umanità e non ho mai amato una donna realmente. Ho provato, oh sì se ho provato! Ho provato tante delusioni, delusioni che l'arte non mi da. Per questo ho creato la mia donna, in tutta la sua perfezione, in tutta la sua ideale bellezza. Per giorni ho scolpito, dipinto, assemblato e sognato finchè, a lavoro finito, ancora non credevo di essere riuscito a creare tanta bellezza in un oggetto da me plasmato. Oh quale meraviglia quando le sinapsi artificiali, gli automi globulari cominciavano a svolgere le loro funzioni meglio che in qualunque altro essere vivente! Oh quale incanto quando le fibrille muscolari, stimolate da impulsi cerebrali primordiali, inducevano spasmi violenti e incontrollati in una neonata creatura, ancora così infantile e inesperta!

Lei mi amava, più di ogni altra cosa, perché così la avevo creata. La tranquillizzavo, le dicevo che le avrei insegnato tutto di questo mondo e lei mi ascoltava, annuiva e sorrideva...uno splendido sorriso che suscitava in me emozioni, immagini e luoghi mai pensati prima. La toccavo, le dicevo che desideravo le sue mani delicate sul mio corpo, che desideravo la sua bianca pelle...oh quanto il suo flebile respiro di vita, di vita reale, alimentava il mio cuore e il mio animo! La baciavo, le dicevo che desideravo lo stesso da lei, nel buio della notte, e il suo bacio non tardava; le dicevo che desideravo toccare i suoi seni...e lei, con quanta naturalezza li scopriva a me! Lei era forse più umana di chiunque altro, era l'umanità nella sua più alta forma.

Ed è con lei che ora, su questo letto, riscopro le sensazioni di un'amore dimenticato, mentre ripenso, rifletto sul mio passato e delle cose il senso. Soffuse luci abbracciano i nostri corpi avvinghiati, mescolando colori che natura non potrebbe mai ripetere senza l'ausilio del suo figliastro Uomo. Odori di incensi artificiali, e di inebrianti sostanze dal sapore nuovo e arcano ora fanno scivolare le nostre menti ebbre verso lidi e paradisi del tutto ignoti, desinati, forse, a rimanere tali per sempre...Dalla mia bocca escono parole mai pronunciate prima, spinte da un'audacia non attinente alla mia indole naturale...ma oramai cosa poteva significare questa parola? L'uomo crea la sua vita come inconsciamente crea se stesso: egli plasma le sue sensazioni, le trasforma e cambia quelle degli altri mentre erroneamente confonde natura con artificio e viceversa; termini ormai senza più significato in un mondo del tutto sintetico, un mondo naturalmente artificiale...

E così mentre scivolo, insieme alla mia amata, in sensazioni allucinanti e sublimi perdo cognizione della realtà. Oh, se solo avessi sentito la sua pelle diventare di nuovo fredda sotto le mie dita, la sua bocca fermarsi...se i miei sensi non fossero stati persi in altri universi ora non sarei qui, intrappolato tra le braccia di una creatura inanimata, privata del suo flusso vitale nel più alto momento di piacere, dove con forza aveva stretto me in un appassionato abbraccio mortale. Giorni di lacrime e sofferenza furono quelli della mia morte; ma quale pensiero soave alimentava il mio cuore! Il pensiero di morire tra le braccia della donna che più ho amato al mondo.


Fotografia di Jeffrey Scott

L'era del non-senso


Viviamo nel non-senso. Non serve spingersi troppo a fondo nell'analisi dei fenomeni odierni per riconoscere ovunque quel termine che meglio di ogni altro potrebbe descrivere questa epoca, il "nonsense". Non ha senso la vita, ciò che ci circonda, l'arte, ciò che diciamo, talvolta le decisioni di chi ci governa ma anche i deliri di un sabato sera, la ricerca della felicità in tutte le sue forme, le conversazioni tra amici, le risate...

Non ha senso nulla in un mondo che ha perso le certezze, la fede e gli ideali; oscilliamo tra un'ideologia e un'altra e agiamo come folli. Siamo dominati dal non-senso nelle pubblicità, nei programmi televisivi, nelle vignette su internet e troviamo anche esilarante e divertente questo non-senso, perché non sappiamo più ridere di quelle vecchie battute sensate ormai relegate a "quelli indietro coi tempi". Non ha più senso neanche il termine "senso" e non lo ha neanche per me, ascolto musica che non ha senso, o che parla di non-senso; musica che parla di allucinazioni, insensati viaggi della mente, ideali morti ripresi senza senso, caos, rumore...

L'arte non può ormai che buttare in faccia all'umanità tutto ciò che è brutto, volgare, violento e inquietante nella vita...forse la morte? Ma questo è un tema vecchio. E cosa è più brutto, volgare, violento e inquietante della morte stessa? Il non-senso...

Lo respingiamo, ma ci attira; di fronte a qualcosa di insensato storciamo il naso ma esclamiamo con stupore e impotenza: "Non ha senso!" e nello stesso proviamo una strana impressione, timore e poi una attrazione verso qualcosa di così grande, potente e imbattibile; qualcosa così genialmente insensato dominato dalla mente di un virtuoso del non-senso.

Il non-senso non accetta spiegazioni, argomentazioni e critiche. Egli vive nella logica del suo essere ed è vero sempre, è giustificato per natura e non ha bisogno di postulati che lo determino. Il non-senso vive dentro tutti noi, nel nostro inconscio che prepotentemente esce fuori nelle situazioni estreme alle quali ci sottopone la nostra epoca. Il non-senso è più di un nichilismo, perché se quest'ultimo è fonte di un particolare modo di atteggiarsi, di una idea e di una riflessione, e quindi di uno stato d'animo comunque acceso e determinato nella sua disperazione, l'altro è un fenomeno di fronte al quale siamo dominati dalla neutralità, di fronte al quale siamo "nulla", vuoti e sconfitti.

Benvenuti nell'era del nonsense!